I colori complementari
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Giallo e Viola
I colori complementari
Passeggiavano nella mano lungo il sentiero del parco, dove le foglie degli alberi erano vivaci e splendenti e i fiori sembravano distese di arcobaleni infinite. Il sole era tiepido, sebbene fosse estate inoltrata, e si rifletteva sul laghetto in cui due anatre nuotavano beate. I capelli di lei, Giallo, erano sciolti e morbidi sulle spalle, smossi da una appiccicosa brezza estiva; dorati come il suo nome, incorniciavano il suo solare sorriso, sbucato fuori così velocemente da sembrare quasi finto. Il vestitino che indossava era scoperto sulla schiena, dove una costellazione di nei creava una galassia epidermica. Viola, invece, era un uomo, dal cipiglio più serioso di Giallo, con i tatuaggi che gli affiorano sulle braccia come tante spirali in chiaroscuro; i capelli color cioccolato rendevano il suo viso più sicuro e quando la sua risata echeggiò nel parco, anche gli uccellini si misero a cantare. I loro caratteri erano diversi eppure un po’ simili, avevano tante cose in comune e poche cose su cui litigare: non erano perfetti ma si completavano l’un l’altra. Erano complementari.
Giallo e Viola
I colori complementari
Passeggiavano nella mano lungo il sentiero del parco, dove le foglie degli alberi erano vivaci e splendenti e i fiori sembravano distese di arcobaleni infinite. Il sole era tiepido, sebbene fosse estate inoltrata, e si rifletteva sul laghetto in cui due anatre nuotavano beate. I capelli di lei, Giallo, erano sciolti e morbidi sulle spalle, smossi da una appiccicosa brezza estiva; dorati come il suo nome, incorniciavano il suo solare sorriso, sbucato fuori così velocemente da sembrare quasi finto. Il vestitino che indossava era scoperto sulla schiena, dove una costellazione di nei creava una galassia epidermica. Viola, invece, era un uomo, dal cipiglio più serioso di Giallo, con i tatuaggi che gli affiorano sulle braccia come tante spirali in chiaroscuro; i capelli color cioccolato rendevano il suo viso più sicuro e quando la sua risata echeggiò nel parco, anche gli uccellini si misero a cantare. I loro caratteri erano diversi eppure un po’ simili, avevano tante cose in comune e poche cose su cui litigare: non erano perfetti ma si completavano l’un l’altra. Erano complementari.
Blu e Arancione
I colori complementari
Era seduta in riva al mare: i piedi sporchi di quella sabbia bianca così fine da entrare nei posti più nascosti, il viso rigato di lacrime e una lettera stropicciata tra le mani. 《Che buffo》, aveva pensato prima di aprire la busta, 《siamo nel 2019 e c’è ancora qualcuno che scrive le lettere》: un gesto ormai inconsueto, un gesto d’altri tempi, un gesto semplice ma di grande valore, come a voler dire “Io ci tengo a te e ti scrivo una lettera”. Tutto questo girava e rigirava nella mente di Arancione, colta da un’improvvisa morsa allo stomaco; rilesse, ancora e ancora, quelle pagine sgualcite umide di lacrime, su cui risaltava una grafia piccola e tremolante: quella della sua mamma, Blu. Arancione e Blu erano sempre state un po’ come il sole e la luna: simili in pochissime cose e totalmente diverse su altre, vedevano il mondo al contrario ed erano quasi sempre in disaccordo; battibeccavano di continuo ma, subito dopo, si farcivano a vicenda di grandi risate ed erano l’una il conforto dell’altra, seppur a volte in modi un po’ bizzarri. Insomma, mamma e figlia si dimostravano l’affetto a modo loro, senza abbracci né carezze ma con ironia e complicità.
Un alito di vento attraversò il mare e Arancione rabbrividì; ripiega la lettera, la ripose nella busta e la ricacciò nella sua borsetta verde. Fissò l’orizzonte e continuo sommessamente a piangere. Blu le aveva scritto una lettera di addio prima di lasciare questa terra e le parole che erano rimaste impresse nel cuore e nella mente della figlia furono:
Sarò sempre lì dove si incontrano il blu e l’arancione: nel tramonto del sole sul mare.
Rosso e Verde
I colori complementari
« Basta! » tuonò Verde in direzione di suo fratello, con l’affanno: si stava reggendo il petto con la mano destra e si era piegato sulle gambe; alcune stille di sudore gli scivolavano dalla fronte spaziosa, circondata dai lunghi capelli marroni, e gli facevano cascare gli occhiali. Rosso scoppiò a ridere e riempì l’aria con l’eco della sua risata roca; i capelli biondi corti e sbarazzini erano madidi di sudore, la canotta di Kobe Bryant che indossava era appiccicata al suo corpo muscoloso e una rumorosa palla da basket abbandonava a ritmo la sua mano sinistra, per poi risalire velocemente e rimbalzare di continuo. « Lo vuoi capire che il basket non fa per me? » esclamò Verde, mettendosi dritto e aggiustandosi gli occhiali neri sul naso. « Non sono portato per lo sport » ammise infine, con un tono di sconforto. Il suo fisico era abbastanza mingherlino anche se era molto alto per essere un diciassettenne: la t-shirt larga lo faceva sembrare ancora più magro e due paia di ginocchia nodose spiccavano sotto il pantaloncino nero. « Non è vero che non sei portato per lo sport » lo rincuorò Rosso, « semplicemente, ancora non hai trovato quello adatto a te ». Si avvicinò al suo gemello coprendo la distanza che li separava in due passi, gli diede una pacca sulla spalla e gli rivolse il suo sorriso più sincero. I due ragazzi non potevano essere più diversi di così, non solo per i tratti fisici ma soprattutto per quelli caratteriali: Rosso era il tipico ragazzo sportivo dietro cui sbavavano tutte le ragazze della scuola – non a caso era il capitano della squadra di basket – era socievole, divertente, chiassoso e non si applicava oltre la sufficienza nelle materie scolastiche; invece Verde era il nerd della situazione, fondatore del club di Scienze, appassionato di fumetti, introverso e riflessivo, portava a casa solo ottimi voti. C’era un’unica cosa che rendeva Rosso e Verde due facce della stessa medaglia: gli occhi azzurri.